Lithium Flower

Wolf and Raven

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view post Posted on 21/2/2009, 16:14
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Lunatic Lilium ♫

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Pigrizia
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Dreamland

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[Those who are dead are not dead
They're just living my head
And since I fell for that spell
I am living there as well]


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Li ricordava uno per uno.
No, assolutamente, non che ricordasse tutti i loro insulsi nomi senza alcuno spessore. Ricordava il loro volto, e ciò che le avevano lasciato nel piccolo e profondo lasso di tempo prima della loro morte.
Non nutriva nessun dubbio sulla logica della sua filosofia.
Ogni uomo era inutile, in fondo; ve n'erano talmente tanti, così uguali e così poco interessanti, che la scomparsa di uno, due - ma anche dieci, venti - era cosa da poco.
Quindi, che male c'era, oltre che a godere nel del loro ultimo istante di vita, a godere anche del loro primo istante di morte?
Assolutamente nessuno: alzare per prima la mano e permettere al liquido ematico di sgorgare in tutto il suo splendore era un piacere paragonabile solo al sesso.
E non a caso, l'uno seguiva l'altra.
Non udiva più urla da dietro la finestra, solo la confusione frenetica delle creature dalle piume nere, affamate ed agitate. Le aveva curate personalmente perchè imparassero a nutrirsi della sola carne umana.
Ormai, quello per cui i corvi stavano discutendo era un qualcosa di ben lontano dall'uomo che fino a pochissimo tempo prima aveva condiviso il suo letto.
Fino al momento in cui le sue unghie avevano sfiorato la pelle del collo di lui, preludio alla fine.
Ancora non si era mossa da li, godendosi il senso di pace che quella pratica lasciava dietro di se. Si era soltanto rivestita un poco, con le prime cose che pigramente era riuscita a racimolare li attorno.
Non era ancora tempo di ricordare. Preferiva di gran lunga ascoltare i litigi delle sue creature, troppe per essere sfamate con un solo uomo.
Sorrideva al nulla. Il piacere sfumava all'interno del suo corpo, ma era ancora in grado di assaporarne le ultime gocce.
Per quanto tempo rimase distesa sul letto color del peccato era irrilevante. Si alzò quando decretò fosse il momento.
Si spogliò e si rivesti, con la lentezza calcolata di chi ama osservarsi, accarezzare dolcemente ogni centimetro della propria pelle davanti ad uno specchio, narcisista e silenziosa.
I suoi occhi color ametista la guardavano nella superficie riflettente, orgogliosi.
Solo una volta vestita, spostò l'attenzione a ciò che accadeva sul davanzale.
Che poi, "vestita" era una parola grossa: difficle definire abiti quel ben poco tessuto che aveva addosso. Fortuna che a dare un minimo di decenza vi era l'immancabile mantello, decisamente scenografico ma che assolutamente non appariva eccessivo.
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Finalmente si dedicò al messaggero che ancora attendeva davanti al luogo del pasto. Una farfalla nera, simbolo di un qualcosa che non si poteva permettere di rifiutare. Sfiorò con delicatezza le sue ali: sapeva già dove doveva andare.
Schioccò le dita, e gli esemplari di corvo reale, tornati alla calma dopo lo spuntino, si voltarono verso di lei, in attesa.
Uscì, e la seguirono.



__________________________________


[You thought you might be a ghost]

Tutto si aspettava, tranne che di dover entrare in una chiesa abbandonata. Il luogo spettrale, più adatto ad una storia di fantasmi che ad un nascondiglio, avrebbe messo leggermente in soggezione chiunque.
§Tranne me, ovviamente..§
pensò, non con l'orgolgio di qualcuno che si vanta dei propri pregi, ma come sottolineazione dell'ovvio.
I suoi adorati seguaci si sparpagliarono ovunque, aggiungendo altro nero al grigio dominante di quel posto.
I suoi passi rimbombavano nell'immensa arcata, aiutati probabimente dai tacchi che era solita portare. La sua meta era l'altare, o meglio, ciò che ne restava. I drappi di lino, una volta sontuosi, che lo ricoprivano erano ridotti a fasci informi e grigiastri di materiale in via di decomposizione.
Ma lei osservava ciò che stava sopra.
Che era tutto, tranne ciò che si aspettava di trovare.
Una clessidra.
La prese tra le mani, bianche e prive d'imperfezioni, e la rigirò più volte. Nulla, pareva proprio una comunissima clessidra.
Se non fosse per il fatto che - al contrario di tutto, li dentro - era nuova e perfettamente pulita.
Di una sola cosa fu certa:
c'era qualcosa che non quadrava.





SPOILER (click to view)
Non mi convince troppo, ma va beh.. I prossimi saranno migliori.
Ah, il significato del titolo probabilmente verrà spiegato dopo.
:*
 
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Shiyu Yamagami
view post Posted on 21/2/2009, 21:42




Non sprecare il tuo tempo corvo
Il destino s'appesantisce e si fa torvo
Non guardarti indietro bambino mio
Già sai che per te v'e solo l'oblio...


Spalancò gli occhi.
Fu come se centinaia di voci avessero gridato all'unisono e di colpo si fossero zittite.
L'eco lontano del loro urlo pareva il ruggire sinistro d'un tuono, mentre sui resti del mondo distrutto, quell'universo di cui si era eletto guardiano e prigioniero, parevano brillare centinaia di piccole luci che dovevano assomigliare alle stelle, ma che tali non erano.
Piccoli fuochi scintillanti, noti come fuochi fatui, guardiani e ciceroni delle anime nel regno dei morti dirette.
E lui, giovane solitario nel piccolo mondo che era tutta la sua esistenza, era sicuramente il peggior traghettatore che si potesse desiderare per degli spiriti in cerca di salvezza.
Eppur in un mondo disabitato, l'unica anima possibile era la sua, dopotutto.
Errore.

- ... -


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Qualcuno, o forse sarebbe stato meglio dire "qualcosa", era entrato nel suo mondo, nella sua piccola chiesa in rovina dalle finestre distrutte, dalle colonne spossate e dall'odore inossidabile di muschio. Si levò, come uno spettro, da quel giaciglio ove ogni sera sognava di lei, talmente intensamente, da desiderare con ardore qualcosa che potesse scacciarne per sempre il ricordo, che potesse metter fine a quel supplizio. A nulla servivano le immagini dei suoi amici, persino quella del suo maestro il signore dell'Ordine e capoclan Shinkuchi, non poteva salvarlo dall'oblio della sua personale dannazione. Non avrebbe dimenticato, e questo era peggiore di qualsiasi condanna.
Poichè era qualcosa che si era costruito da solo, per la sua personalissima sofferenza.
Si mosse, mentre la luce della luna trafiggeva ogni singola ferita di quella costruzione oramai immota, passando di trave in trave, di colonna in colonna, nel silezioso muovere di un predatore, osservando chi avesse penetrato il suo piccolo mondo cadente e senza uscita.
Di quale dannazione sarebbe venuto a ferirlo?
Erano dunque le voci che gli parlavano nei suoi sogni ad aver condotto quel viaggiatore nella sua tomba, insieme allo stuolo di corvi che si posavano qui e li sulle rovine della casa di Dio?
Divinità che pareva per sempre sparita da quel luogo, definitivamente cancellata dal suo tempio che era sopravvissuto persino senza di lei.
O forse era stato il suo silenzioso grido di dolore a ripercuotersi in chissà quale dimensione al punto da richiamare la morte a portarlo, finalmente, tra le braccia della Jalya che non lo avrebbe più torturato urlandogli quanto fosse colpa sua?
Abbassò lo sguardo, in cerca della risposta.
Era una donna, o sembrava tale, dai lunghi capelli corvini - quale ironia, considerando i suoi accompagnatori e il suo futuro interlocutore - e dagli occhi chiaramente sporchi di purpurei bagliori, con indosso un mantello.
Solo quello, a prima vista, ma non era un dettaglio su cui si sarebbe soffermato.
Per ora.
Rimase li, a guardarla mentre giocava con una piccola clessidra, che chissà da dove era sbucata, dato che non l'aveva mai vista in vita sua.
La sua mente era troppo occupata ad elaborare altro per concedere spazio a ciò che, dopotutto, non avrebbe comunque capito.
Un sussurro nella sua mente fu chiaramente udibile per il suo animo ammutolito dalla bellezza della visitatrice, una splendida visione tutta curve che aveva in se qualcosa di drammaticamente pericoloso.

E' giunto qualcuno a prenderci moccioso, è tempo di lasciare questa topaia.


Si lasciò sfuggire un silenzioso verso di stizza, che il suo compagno tenebroso sicuramente avrebbe udito, ma che probabilmente non avrebbe raggiunto la giovane, o presunta tale, che continuava a guardare perplessa la clessidra. Era così tanto tempo che il suo corpo e la sua anima erano prigionieri di quel luogo che aveva quasi dimenticato come fosse fatto un essere umano differente da lui.
Doveva ammettere che gradiva la forma della nuova venuta, come sarebbe stato normale per una persona della sua età e del suo sesso.
Non era più un bambino, ma non era ancora un uomo.
Eppure qualcosa lo mosse, inconsciamente, a condividere il tempo con il misterioso invasore, a scanso di qualsiasi prudenza, mentre uno di quei volatili gli si posava delicatamente sulla spalla, avendo fiutato l'essenza del suo spirito.
Dopotutto, lui era il signore assoluto dei corvi, o almeno lo era stato.
Tanto, tanto tempo prima...
Accarezzò la creatura, come aveva sempre fatto con ciascuno di quella specie, quasi in un rituale necessario per schiarirsi le idee sul viso imberbe che ancora non presentava i segni di due decadi, ma che si era pericolosamente avvicinato a quel tempo determinante.
Il corpo non portava i simboli della solitudine che avrebbe dovuto vestire, era stato uno dei suoi passatempi curare il suo aspetto, sebbene i pantaloni fossero oramai troppo corti e la maglia fosse strappata in più punti, per via della muscolatura che si era accresciuta.
Quando non puoi uscire dal tuo personale incubo fai di tutto per ammazzare il tempo e, nel suo caso, ciò voleva dire menare colpi con la lama eternamente affilata che era legata alla sua cintura, la quale oramai gli cingeva i fianchi con fatica. Andare a caccia nel piccolo territorio circostante era stato l'altro suo passatempo, oltre che unico metodo di sostentamento.
Con tutto il tempo che era passato, credeva di aver dimenticato il sapore di qualsiasi cibo che non fosse cacciagione e di qualsiasi liquido non fosse semplicissima acqua.
Se avesse contato, si sarebbe accorto che presto sarebbero stati 3 gli anni della sua reclusione.
Eppure, qualcosa si era rotto, spezzato, distrutto e dissolto nel momento in cui quella donna, misteriosa creatura, aveva posto piede nell'inferno dagli occhi di Corvo, portando con se numerosi psicopompi* dalle ali nere.
E forse lo Spirito aveva ragione, era giunto il tempo di uscire, che esso significasse essere liberi o morire.
S'alzò, in piedi di fronte al rosone che s'affacciava verso l'altare, le spalle rivolte all'organo rotto, costretto a muta esistenza, mentre la luce della luna inondava la sua schiena di un bagliore pallido e proiettava la sua ombra proprio sulla donna.
Si levò mentre gli occhi smeraldini del signore della Congrega delle Spade si rivolsero alla visitatrice, e le sue labbra, boccioli dischiusi di giovinezza, tuonarono il messaggio ad ella rivolto.

- Siete qui per finirmi o per graziarmi, misteriosa viaggiatrice?


Una nota di speranza, si affacciò timidamente nel tono rauco di chi aveva quasi dimenticato come parlare, favellando nell'idioma tipico della "Città dalle 4 Anime". Come un vecchio nostalgico, non gli era stato possibile pensare ad altra lingua se non quella che aveva sempre parlato, con cui aveva costruito il suo passato e con cui aveva dannato il suo futuro.
E forse, silenziosamente, nelle membra abbandonate di quel giovane uomo, di quel ragazzo oramai cresciuto, si risvegliò parte del suo vecchio spirito, quello che era stata la guida per i suoi amici, l'ispirazione del suo maestro, la maledizione della sua stessa anima.
Era tornato.
Si... Si... E sarebbe stato questo l'epilogo?



SPOILER (click to view)
*Psicopompi: uccelli traghettatori di anime, si ritiene che il Corvo sia addetto a portare le anime sofferenti nell'aldilà, ma che talvolta preferisca riportarle nel mondo, a concedere loro la possibilità di una vendetta. Non è questo il caso del protagonista di questa vicenda.
 
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Kei Shirayuki
view post Posted on 3/3/2009, 00:49




Lasciò alla perplessità uno spazio che non era in grado di superare i tre secondi.
In sua vece, subentrò il raziocinio. Il solito, complicato raziocinio che governava la parte più "pulita" di quella che era il suo modo di vivere.
Una spiegazione ci doveva essere. La spiegazione c'era sempre - non necessariamente comprensibile, ma c'era.
Tenne in mano il delicato oggetto di vetro, mentre i suoi occhi d'ametista setacciavano il freddo e malridotto ambiente.
Attorno a lei, nulla più che il suono del battito d'ali.
Nessun'anima abitava quel luogo, nessuno avrebbe trovato il quel posto la redenzione che normalmente una chiesa svende ai suoi fedeli.
Accantonò il mistero che in quel momento si trovava esattamente tra le sue dita, studiando svogliatamente le varie macchie di pietra e marciume.
In un tempo lontano sarebbero state bianche, sfiorate da mani avide e bagnate dei più costosi fumi d'incenso.
Ogni tanto - quando non aveva di meglio da fare - si interrogava da dove derivasse quell'assurdo bisogno di fede del'uomo. Che poi, definirlo bisogno avrebbe fatto ridere molti. Era divenuta veramente una svendita di false promesse.
La cosa assurda, era che i fedeli lo sapevano.
Ma la cosa che ancora meno riusciva a concepire, era che a quella massa di pecore andava bene così.

Avrebbe potuto perdere le ore a dilettarsi con gli insulti e le stranezze, a muovere gli ingranaggi di quella notevole mente che aveva coltivato con tanta cura.
Ma.
Dato che il silenzio assoluto non vi era in quel luogo, sarebbe stato errato dire che "un rumore" aveva attirato la sua attenzione.
Fino a prova contraria, le sue adorate bestioline stavano ancora svolazzando qui e la, e i corvi non sono di sicuro esseri che portano rispetto ad un'istituzione dell'aldilà simile con il silenzio.
L'espressione corretta era: "un rumore insolito" aveva attirato la sua attenzione.
Quasi come se a provocarlo fosse stato qualcosa di più grosso di un corvo.


Molto più grosso di un corvo.
L'autore di quel rumore rientrava a pieno titolo nella categoria "esseri umani".
Se qualcuno avesse potuto osservarla ben da vicino, in quelle misere manciate di tempo che le occorsero per realizzare quella nuova presenza, avrebbe potuto giurare di avervi visto dello stupore.
(Dopodichè, non sarebbe vissuto a lungo, ovviamente.)
No, non era sorpresa di trovarsi faccia a faccia con uno di quegli esseri che stava allegramente offnedendo nella sua mente fino a qualche attimo prima.
A stupirla era il fatto di non averlo sentito.
Lavorando - suo malgrado, a volte - in mezzo agli umani, diventi abile a capire dove e quando vi è traccia del loro passaggio o della loro presenza.
E li, vi erano solo corvi.
Ma dovette accantonare anche quest'altra muta domanda.

CITAZIONE
- Siete qui per finirmi o per graziarmi, misteriosa viaggiatrice?

Era una delle tante lingue che conosceva: non fu difficile comprendere il significato di quelle parole.
Nel breve spazio che l'uomo - in realtà poco più di un ragazzo - aveva formulato la sua richiesta, ella aveva già ripreso pieno possesso della sua bella maschera: immobile, composta.. Ma non solo. Più attraente di quello che già era.

Il tono speranzoso con cui la frase era stata pronunciata era quasi patetico: come se la gente fosse davvero in grado di trovare la salvezza in modo tanto semplice.
Portò teatralmente una mano alla tempia, scostando una lunga ciocca di capelli corvini, e dipingendo sulle labbra di corallo uno schizzo di sorriso. E rispose, con voce bassa, ma chiara. Ovviamente suadente.

Nessuna delle due opzioni.. Per la seconda, non vi è maniera..

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Riportò alla mente il secondo dubbio della giornata: se non aveva percepito la presenza della sua anima in quei luoghi, vi erano due possibili soluzioni. La prima, era che ne fosse in grado e l'avesse fatto di proposito.
Soluzione smentita, a giudicare dall'ingenuità con cui le si era parato davanti.
La seconda, era che quell'anima era di per sè particolare..
Ottimo.
Riprese.

Per la prima, non ne vedo il profitto.
concluse, con voce leggermente più dura di prima.

Si avvicinò di qualche passo, con sicurezza, ma ancora non analizzò nei dettagli il personaggio: aveva altre domande accantonate in testa.
L'accenno di emozione divenne un vero sorriso ironico, mentre aggiungeva l'ultima frase.
(quando faceva così, si sapeva, iniziava a prenderci gusto)

Siete davvero così disperato da non vedere altre soluzioni, mio caro sconosciuto?

Provò ad immaginare svariati modi in cui quell'incontro sarebbe potuto proseguire.
Una cosa fu comune a tutti.
Evidentemente, il divertimento in quella giornata non era ancora finito.
 
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Shiyu Yamagami
view post Posted on 5/3/2009, 15:33




In questa notte di luna piena
Sentirai ancora quel peso sulla schiena
Le tue ali nere la spezzeranno
Mentre al demone la tua natura riveleranno.


Se il destino si fosse fatto donna, probabilmente avrebbe preso quella forma, ne era assolutamente sicuro. E in tal caso si sarebbe meritato una buona dose di violenza gratuita, per la sua meschina forma di sarcasmo. Era come sentire ancora le campane nella piazza dove si era rintanato anni prima, era come il giorno che il suo cammino si era incrociato con l'Araldo del Fuoco Cremisi, era come quando la notte aveva ingoiato i suoi sogni.
Era sempre così, il suo destino aveva un suono.
Oramai, era facile per lui avvertirlo, quel continuo scricchiolare di ingranaggi che l'avrebbe portato nuovamente dove quel dannato fato voleva, a condannarlo ancora ed ancora.
Questa volta, il grigio narratore, aveva preso le sembianze di una donna dall'aspetto attraente, un vero colpo agli ormoni di un ragazzo prigioniero da quasi un anno in un mondo disabitato, talmente solitario da aver iniziato a pensare che la sua esistenza fosse solamente un incubo mai finito.
Desiderava la morte? No.
Per quanto il suo amore per l'amata perduta potesse esser forte, non v'era desiderio di trapassare, era stato troppo giovane, era stato troppo poco il tempo loro concesso. Rimaneva solo il desiderio di vendetta.
Poichè era sicuramente qualcosa di più razionale, più vivo, un qualcosa a cui attaccarsi per voler davvero uscire da quella dannata prigione.
La osservava, dall'alto, dopo aver proferito parola, prima che quel demone - si, l'avrebbe definita tale anche senza saperlo - decidesse di voltarsi a guardarlo, mostrandogli che volto potesse avere il desiderio nel suo corpo da prigioniero. Che non tardò a regire, suo malgrado.


CITAZIONE
Nessuna delle due opzioni.. Per la seconda, non vi è maniera..

Socchiuse gli occhi, lasciando che quella voce suadente scardinasse le sue difese, che gli concedesse grazia nella solitudine inafferrabile ed indomabile del suo animo, che penetrasse in lui come il più caldo dei vini.
Corrompendosi, concedendosi, sporcandosi molto più di quanto non fosse già caduto, lui angelo rifiutato dal paradiso ove la luce era troppo accecante per non ucciderlo.
Lui, che gli inferi stessi deridevano, indegno persino di loro.
La osservò, con gli occhi smeraldinei pronti a catturare tutto, quegli occhi frantumati che parevano distratti e disattenti, eppure che non lasciavano fuggire nulla, intrappolando ogni immagine nella memoria con la freddezza di un carceriere. Troppi pochi gli anni, troppo grande la solitudine, per non desiderare il mondo stesso come vittima.
Si soffermò a riflettere sulla risposta della donna, ma forse non gli interessava neanche, non era veramente ciò che cercava in quel momento, gli sarebbe bastato essere prigioniero con lei, pur di non lasciarsi inghiottire dall'abisso nero della solitudine che l'avrebbe presto reso come le ombre che avevano rapito la sua Jalya.
Quello non se lo sarebbe mai perdonato.
E se non v'era maniera di salvezza, si sarebbe accontentato, dopotutto.


CITAZIONE
Per la prima, non ne vedo il profitto.

Probabilmente era l'unico a vederne, almeno ideologicamente, nella cessazione di ogni sofferenza.
Ma era davvero troppo giovane e troppo innamorato della vita per pensarci seriamente, nonostante la prigionia.
Poco importava, a quel punto non gli interessava proprio più niente, volendo essere precisi.
Quel che voleva l'aveva già ottenuto, l'interruzione, seppur breve, di quel dannato ed ossessivo divenire.


CITAZIONE
Siete davvero così disperato da non vedere altre soluzioni, mio caro sconosciuto?

Provocazione.
Quale modo migliore di instillare una reazione in un cuore ancora adolescente?
Il sorriso comparve, amaramente disegnato sulle labbra giovani e al di sotto degli occhi sempre distratti, come il memento di un'esistenza scomparsa all'ombra del dolore. Eppure c'era vita in quel passo in avanti, sul ciglio del volo che l'avrebbe portato di fronte a lei, mentre i corvi si alzavano in cielo sfuggendo al suo tocco, v'era passione nella risposta che eruttò dal cuore in fiamme.

- Se la mia fosse disperazione avrebbe il viso di un sentimento. Ma il mio problema è stato in parte già quietato dalla vostra sola esistenza in questa mia prigione... mia signora.


E forse quel tono fu anche volutamente divertito, sfottente e provocatorio in risposta, mentre lasciava che lo spirito guardiano lo invadesse, dopo così tanto tempo. Così tanto dannatissimo tempo...
Fu allora che le ali dell'angelo nero si palesarono, con un suono secco di ossa spezzate, di muscoli contratti e di tessuto strappato, volegendo le loro piume nere contro la luce che penetrava dal rosone e dalle ferite della cattedrale. Fu allora che il petto quasi completamente nudo di quel ragazzo lasciò apparire la sua dannazione, il suo più grande vanto.
Quelle erano le sue ali di libertà, erano ciò che lo rendeva un mostro e contemporaneamente ciò che l'avevano trasformato in un salvatore.
Infine, erano quelle stesse ali che non l'avevano liberato dalla sua prigione. Non ne erano state semplicemente capaci.
Ma non le aveva rivelate per spaventare, non le aveva certo mostrate per vanto.
Si lasciò cadere, semplicemente, mentre i forti battiti di esse l'aiutarono nel planare al centro della navata, atterrando su una panca mal ridotta che si spezzò al suo arrivo, lasciando però che atterrasse morbidamente sul pavimento, a pochi metri di distanza dalla sua interlocutrice.
Sorrise, quel sorriso sbarazzino e adolescente che mai l'avrebbe abbandonato, il sorriso di sfida, un po' folle, di chi non ha nulla da perdere.
Quella non era una sfida alla donna in questione, quando una vera e propria lotta con il mondo.
Era la sua Ribellione, come la spada che ne portava il nome al suo fianco.

- Perchè dopo tutto questo tempo di solitudine, anche se foste un demone giunto a divorare la mia anima credo che vi accoglierei a braccia aperte.


E le aprì sul serio, offrendosi quasi a quella donna, come una sfida mentre la camicia strappata in più punti si lasciava smuovere dalla brezza che lui stesso aveva causato.
Era li, di fronte a quella donna sconosciuta, pronto a qualsiasi cosa il fato gli riserbasse, come un novello Odisseo di ritorno alla sua Itaca.
Era il padrone di quel piccolo incubo, il carceriere e il carcerato.
Forse, era anche il signore del suo destino, in qualche modo, ma non era mai stato in grado di farsi rispettare.
Ora però, non si sarebbe ribellato, o forse per questo avrebbe emesso un più forte grido di rivolta, lasciando che il cuore lo conducesse sino alla fine, come non era riuscito a fare in passato, come aveva sempre desiderato ma non aveva mai avuto il coraggio di fare.
Girò il capo, quasi teatralmente, in un involontario moto di protagonismo dopo i mesi di solitudine, guardandola con una decisione che non si vedeva sul suo viso da troppo tempo.

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- Come devo comportarmi dunque?


Irrazionale, pericoloso, incosciente.
No, probabilmente solo disperato.

 
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Kei Shirayuki
view post Posted on 5/3/2009, 21:37




CITAZIONE
- Se la mia fosse disperazione avrebbe il viso di un sentimento. Ma il mio problema è stato in parte già quietato dalla vostra sola esistenza in questa mia prigione... mia signora.

Socchiuse gli occhi a quella frase lanciatale di rimando, con l'altezzosità di chi sa ma non parla. Non aveva certo studiato così tanto tempo da farsi ingannare da una frase gettata li da un emerito sconosciuto, per quanto recitata con tono provocatorio.
Ragionando logicamente, nessuno che non avesse toccato con mano e vissuto la disperazione avrebbe mai pronunciato quelle parole al primo viaggiatore ignoto che passava di li.
Ma soprattutto, non si sarebbe chiuso così a lungo in un posto tanto lugubre - come l'aspetto trasandato del giovane lasciava ampiamente immaginare.
Un aspetto che riservava delle sorprese, a quanto pareva.
Tra il suono di qualcosa che si spezzava crudelmente, un manto di piume nere comparve da dietro le spalle - giovani ma già temprate dalla fatica o dalle battaglie.
Discese da quel che era il suo nascondiglio, dando mostra di quelle ali nere che nelle tradizioni significano una sola cosa: dannazione.
Quindi la sua tesi si era rivelata corretta: quell'anima solitaria aveva qualcosa di particolare..
Atterrò poco distante da lei, in maniera non propriamente elegante, ma alto e fiero. Anche fisicamente piacente, dovette ammettere.

CITAZIONE
- Perchè dopo tutto questo tempo di solitudine, anche se foste un demone giunto a divorare la mia anima credo che vi accoglierei a braccia aperte.

E non era anche questa una richiesta di morte?
Un'ennesima prova della nebbia che attanaglia l'animo degli uomini, che li spinge a chiudersi nell'altro più biuo e soffocante?
Non potè fare altro che continuare a sorridere, ammirando quella misera bugia - o presunta tale.
Ma si può fare a meno di rispondere ad una provocazione?
Ovviamente no,
anche a costo di continuare in eterno.

Siete certo che non sia disperazione questa, dunque?
domandò con falsa ingenuità, mentre portava il dito al labbro inferiore, segno di una riflessione già avvenuta.

Nelle corti imperiali cinesi, all'epoca del loro splendore, vi erano un'infinità di regole per chi si trovava al cospetto del sovrano.
Davanti alle autorià che portavano il mandato celeste, una in particolare: nessun essere inferiore doveva tenere la testa più in alto del sovrano.
Se un misero essere umano aveva questo diritto
perchè lei non avrebbe dovuto?

CITAZIONE
- Come devo comportarmi dunque?

Sciolse il mantello, rivelando la sua figura in praticamente tutta la sua bellezza: erano poche le sezioni di pelle su cui la debole luce del luogo non posava i suoi raggi. Giusto quel che bastava per non scadere nel volgare.
Ma non era farsi ammirare l'obiettivo primario di quel gesto.
Differentemente dal suo interlocutore, nessun suono accompagnò la sua decisone: mostrare le sue ali.
Nonostante fossero piumate anch'esse, non erano dello stesso colore nero, nè candide come quelle degli angeli, bensì rosse, testimonianza della razza cui apparteneva*.
Un gesto più scenografico che utile: anche nella più assoluta pigrizia, non le sarebbe occorso molto per arrivare faccia a faccia con il ragazzo.
Si alzò dal terreno di poco più di mezzo metro, spingendosi silenziosamente davanti a lui.
Anche la distanza a cui si era spinta si poteva definire provocante.. Ma non era certo finita li.
Allungò un braccio - liscio e pallido - appoggiando lo stesso indice di prima sotto il mento del ragazzo. Lo forzò leggermente, facendo in modo che i suoi occhi del colore dello smeraldo fossero fissi in quelli d'ametista di lei.

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Con la voce che di poco superava il sussurro, continuò.
..Ma ditemi, mio caro.. Cosa vi fa credere che io sia qui per voi?

Ritrasse il braccio, ma ancora non aveva terminato.
Cosa vi da tanta fiducia?
Il sorriso dolce che mostrava era nettamente in cotrasto con tutto ciò che la sua voce era in grado di sottintendere in quel momento.


SPOILER (click to view)
* Kei appartiene alla razza delle Erinni, demoni dalle ali rosse che nella mitologia greca simboleggiavano la vendetta, ma a cui successivamente furono aggiunti altri significati, tra cui "le Benevole" oppure "le Folli".
 
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Shiyu Yamagami
view post Posted on 6/3/2009, 02:26




Alla fine dei tempi morte sempre sosta
Termine della vita, dalla natura imposta
Eppur c'è chi la anela dapprima col cuore
Attratto da essa come desideroso dell'amore.


CITAZIONE
Siete certo che non sia disperazione questa, dunque?

Si parlava di disperazione e sicurezze, erano state pronunciate parole cariche di sentimento e dipinte di poesia, eppure, nessuno dei due interlocutori aveva davvero deciso di avvicinarsi all'altro, muovendo pochi passi incerti verso quel contatto.
Sino a quel momento.
Sino a quando, quella donna, quella creatura, non aveva mostrato il suo corpo al di sotto del mantello, scoprendo le ali scarlatte così simili alle sue e mostrando di quanta beltà fosse composta la sua figura.
Infliggendo al ragazzo indifeso di fronte alla sua pubertà, un colpo che non avrebbe mai potuto parare con la spada.
Solitudine e giovinezza di mischiarono insieme in quel sentimento che gli trattenne il respiro, come una corda di seta legata al collo, stretta e delicata, soffocante ma soffice.
Poi ella aveva mosso, come un passo di danza, un lieve balzo alato verso di lui, mentre il battito cardiaco del giovane minacciava di sfondargli la cassa toracica con insistenza.
Non lo avrebbe ammesso, ma la sua mente fu invasa da migliaia di pensieri "poco" inerenti il discorso che avevano condotto sino ad allora.
Un sorriso malizioso che si dipinse sulle labbra affascinanti a ricordo di un'altro incontro simile, quando anni prima aveva incrociato per pochi vitali minuti uno dei più potenti viaggiatori dimensionali che avesse mai calcato il terreno della Fratellanza, la temibile e compianta Kora Lewis. La donna che gli aveva gentilmente sorriso come una madre, prima che il vile Callister Zero le aprisse il ventre, quale oscura parodia del parto.
Ingenuo, pensava davvero che fosse bastato quello ad ucciderla, e lo credeva anche in quel momento.
Forse fu proprio per quello che il cuore gli si chiuse in una morsa dolorosa quando vide la malizia sul volto della misteriosa visitatrice, che era così profondamente differente da quello della damigella che gli aveva scosso l'animo in quella lontana mattina e che, nonostante tutto, aveva le accoglienti forme di una madre che non aveva potuto abbracciare abbastanza.
La mano s'allungò e rapido quello stesso dito che pochi istanti prima s'era passata sulle labbra, venne posato suo mento, per invogliarlo a meglio osservare gli occhi d'ametista di colei che era l'incarnazione del peccato.
Un silenzioso invito a perdersi senza speranza nel mondo che lei gli stava offrendo, qualunque esso fosse stato.
Ed infine il sussurro che s'insinuò come un serpente nella sua mente.


CITAZIONE
..Ma ditemi, mio caro.. Cosa vi fa credere che io sia qui per voi?

Domanda più che lecita e alla quale gli sarebbe piaciuto moltissimo rispondere subito, se non fosse stato troppo impegnato a recuperare il suo respiro da qualche parte nel suo petto, dopo che quel contatto soffice avesse mandato completamente in tilt le sue capacità di ragionamento, annegate da una tempesta di sensazioni difficile da ordinare.
E ancor più da arginare.
Ma quel contatto finì sufficientemente presto da permettergli di riordinare le idee, non prima che l'Erinni ebbe avuto il tempo di aggiungere altro al suo discorso.


CITAZIONE
Cosa vi da tanta fiducia?

Altra questione più che logica, se non fosse che quella parte della sua mente addetta al pensiero razionale sembrava essersi inceppata più o meno quando lei si era tolta il mantello.
Pensandoci obbiettivamente, c'era più di qualcosa che poteva essere definito "inceppato" in lui, durante quei lunghi secondi.
Eppure, l'impeto e la voglia del combattente si fecero strata tra il desiderio e la confusione, con l'imperativo di rendergli possibile rispondere ciò che avrebbe desiderato comunicarle.
Uno sforzo immane, senza dubbio.

- Questo è il mio inferno...


Cominciò, mentre sentiva la gola secca e il battito cardiaco rimbombargli nella testa, in un misto di eccitazione e paura.
Paura si, perchè per quanto fosse coraggioso, non era immune ad essa. La sua forza risiedeva nel superarla, sistematicamente.
Irrazionalmente.
La guardò, ancora, ma forse fu il peggiore errore che potesse permettersi, poichè qualche secondo riuscì a sfuggire alla sua mente, come un piccolo blackout in cui non era stato possibile ragionare.
Eppure, continuò con insistenza.

- ...E qualsiasi cosa siate venuta a cercare qui, fa sicuramente parte del mio incubo.


Parlava di una certezza che probabilmente non era neanche tale, presupposta nell'ordine di ottenere una risposta da lei, poichè era proprio quello il dubbio che lo attanagliava in quel momento.
Se non era venuta per lui, per cosa era giunta sin li?
Una certa delusione si fece spazio nella sua mente, lasciandogli l'amaro e ferroso sapore della sconfitta sulle labbra, eppure non si piegò, osservandola con tutte le forze che gli rimanevano.
Le stesse forze che gli permisero di chiedere finalmente ciò che desiderava.

image
- Pertanto... Cosa posso fare per voi?


I suoi occhi quasi la sfidarono, nella ricerca di quella certezza che era, in qualche modo, necessaria per lui, per non sentirsi tagliato fuori dal mondo persino nella sua gabbia.
Estraneo nella sua estraneità, sarebbe stato insopportabile.
Eppure qualcosa si era increspato nella determinazione con cui le aveva parlato sino a pochi attimi prima, quando il corpo di lei non era ancora abbastanza vicino da minacciare l'integrità del suo. La sicurezza di quegli attimi s'era dissipata, inghiottita in una marea di confusione che, dopotutto, era stato proprio lui a cercare, scendendole incontro nel suo volo aggrazziato.
E che l'avesse desiderato inconsciamente quel contatto per sentirsi vivo, probabilmente non l'avrebbe mai voluto ammettere neanche a se stesso.
Sarebbe stato come ammettere di volere qualcosa che è proibito ed immorale.
La sua mente era ancora attaccata a concetti di onore e giustizia infantili, ma che non aveva avuto l'occasione di elaborare nella sua lunga prigionia, troppo tempo tagliato fuori dall'esistenza stessa.
Perchè in quel momento, tutto ciò che gli rimaneva da chiedere, da sperare, era che quella donna, quel demone, non fosse un'illusione creata da una mente malata e in preda al delirio.
Anche se fosse stata la sua assassina, probabilmente sarebbe stata migliore di una fantasia, totale frutto della sua immaginazione.
Già, la disperazione assume forme inaspettate, talvolta.
 
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Kei Shirayuki
view post Posted on 11/3/2009, 19:48




Sarebbe inutile sottolineare il fatto che sapeva riconoscere a pelle in momenti in cui il suo "fascino" aveva effetto. Come se fosse difficile distinguerlo, specialmente in quell'occasione: aumento di battiti, respiro irregolare. E poi.. e poi lo capiva e basta. Le piaceva troppo, quella reazione umana, per non saperla individuare istintivamente.
Calcolò che aveva già dato sfoggio di quella parvenza di superiorità, e cancellò la distanza tra il suo piedino - calzato da un piccolo sandalo - e il terreno, pieno di crepe ma ancora solido.
Mentre ascoltava - lei? incredibile! - le risposte alla sua domanda, ripiegò le ali, riportandole al solito stato di non visibilità.

Le iridi pervinca, al contrario della valanga di informazioni che le ballava nella mente, non osavano muoversi, fisse ed immobili: l'unica movenza, assai poco percepibile, che azzardava era lo spostamento dell'attenzione dagli occhi alle labbra di lui.
Una pratica che non aveva nessun fine o motivazione particolare: era semplicemente il modo migliore per testare la verità delle parole che uscivano da quella bocca da cui aveva appena spostato l'obiettivo. Ormai, era divenuta un'abitudine.
Ma almeno, sapeva che quel che aveva davanti - quello che le interessava, almenoo - non era falso.

CITAZIONE
- Questo è il mio inferno...

Buffo, quasi. Si trattenne dal mostrare nuovamente un mezzo sorriso, restando seria ma attenta.
Il luogo nato un tempo per mostrare la (falsa) via per il paradiso, per quel ragazzo era in realtà l'antro degli inferi. Plausibile, peccato che i colori erano sbagliati. L'inferno è comunemente associato a colori caldi, non di certo a quel posto umido e lugubre.

CITAZIONE
- ...E qualsiasi cosa siate venuta a cercare qui, fa sicuramente parte del mio incubo.

Indubbiamente. Era l'unica spiegazione che poteva dare a quella presenza umana in un luogo in cui ci sarebbero dovuti essere solo lei, i suoi corvi, la muffa dilagante e l'oggetto della sua ricerca.
Il problema era capire cosa. La risposta a quella domanda era probabilmente la chiave per risolvere tutte le domande fino a quel momento accantonate nell'angolo di "cose da risolvere".
Quella frase pareva però pronunciata con tono.. triste? No, non è il termine esatto.. La parola giusta per quel sentimento era.. ah, si, delusione.
Evidentemente quell'osservazione non l'aveva reso particolarmente felice. Magari sperava davvero che fosse venuta li per lui.
Pff.
Pazienza.

CITAZIONE
- Pertanto... Cosa posso fare per voi?

Ecco. Altra domanda esistenziale (?). Seguendo il ragionamento di prima, egli avrebbe dovuto conoscere la ragione della mancanza dell'oggetto della sua ricerca - e la relativa presenza di quel pezzo di vetro e sabbia candida che ancora stingeva nella mano.
Ma un'altro problema scatenava questo: come fare per chiedere informazioni, senza però rivelare troppo?
Ciò che cercava era qualcosa di ambito..

Chiuse la mano, la stessa mano con cui aveva sfiorato il viso del bel giovane, e la portò all'altezza del petto.
La riaprì, ed al centro della sua mano candida vi era una piccola sfera, bianca anch'essa. La poca luce di quel posto provocava sulla superficie di quella piccola perla riflessi argentei.
Non sapeva se sperare che il suo interlocutore conoscesse quell'oggetto (e quindi saperla aiutare a dovere), oppure non conoscerlo affatto (almeno non avrebbe dovuto.. giustificarsi.).

Questa è la pietra di una collana. Ha dei.. poteri particolari. Ho ragione di credere che si trovi qui, ma..
Mostrò il conenuto dell'altra mano.
.. ho trovato questa.

Quella pietra era molto di più di una semplice perla. Appartiene ad una collana, si.. una collana leggendaria: la collana di Belial.
Per quanto l'aggettivo meglio associato a "Belial" sia "inutile", quel gioiello non lo era affatto.
Le vecchie leggende raccontavano fosse in grado anche di uccidere un Immortale..

Richiuse la mano contenente la perla, che scomparve così com'era apparsa. Continuò il movimento interrotto durante il mostrare quel tesoro, e la mano arrivò - nuovamente - al volto, contratto in un'espressione indecifrabile.
Ravviò i capelli, intrecciando una ciocca di fili neri tra le dita.
E parlò di nuovo.

Ho ragione di credere che questa mancanza riguardi te.
Aveva abolito il tono mellifluo e la forma cortese, sottolineando così l'esigenza di sapere (se e) quanto fosse vera quella affermazione.
Nonostante questo, non negava un sorriso
(dannatamente ambiguo.)
 
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Shiyu Yamagami
view post Posted on 12/3/2009, 15:37




Il passato è come una maledizione
Che d'improvviso palesa la sua azione
E ciò che di terribile avevi dimenticato
Celermente all'anima ti vien riportato


CITAZIONE
Questa è la pietra di una collana. Ha dei.. poteri particolari. Ho ragione di credere che si trovi qui, ma..

Se non si sentisse già drammaticamente stupido, sarebbe esploso in una risata scrosciante, la quale sarebbe però anche stata sporcata di un certo quantitativo di autocommiserazione e nervosismo. Il perchè era sin troppo chiaro: non solo quella donna non era giunta li per aiutarlo, ma era propriamente sulle tracce di qualcosa che, se anche l'avesse avuto, non gli avrebbe dato senza un ottimo motivo.
Senza avvertire il peso della mancanza di una possibilità alternativa.
Il tutto si tradusse in un'occhiata intensa nella direzione dell'Erinni, mentre anche lo spirito dentro di lui cominciava ad agitarsi e prese a sussurrare alla sua anima.


Siamo nei guai moccioso. Quella collana serve per uccidere ciò che è immortale.


CITAZIONE
.. ho trovato questa.

Entrambe le voci giunsero contemporaneamente e decifrare cosa avessero inteso entrambe gli impegnò alcuni secondi.
Il risultato fu sufficiente da rendere il suo animo più preoccupato.
Le parole del Corvo non fecero altro che rendere il suo sguardo più intenso, e grazie ad esse iniziava a comprendere parzialmente il disegno che aveva condotto quella donna, quel demone, proprio li, da lui. Inoltre aveva anche intuito cosa potesse essere quella clessidra che lei nel mentre gli aveva mostrato, rigirandola tra le dita delicate e fatte per amare. Ricordi di racconti passati uditi mentre vagava per le zone dell'Entropia, o forse era stata proprio una discussione col suo antico capo Gulnar, ma era quasi sicuro di cosa si trattasse.
Se quel piccolo mondo di tristezza era una sua creazione, quella clessidra doveva esserne il centro. Al solo guardarla, poteva sentire quanto fosse inesorabilmente legata alla sua anima.
Come quella donna l'avesse trovata, non avrebbe neanche osato congetturarlo, ma la realtà era che lei stringeva tra le dita la sua unica chiave per la libertà, il suo legame con la realtà.
Una clessidra, curioso gioco della sua stessa mente, che tanto odiava il tempo inarrestabile, destinato a trascorrere portando con se quanto di felice si è riusciti a costruire.


CITAZIONE
Ho ragione di credere che questa mancanza riguardi te.

Il problema era che, purtroppo, quella creatura aveva perfettamente ragione.
Anche se lui non poteva capire appieno il perchè, a dire il vero, non essendo conscio del fatto che tutto ciò che era legato alla sua passata vita nella Fratellanza poteva esistere, in quel determinato momento, solo se lui vi credeva ciecamente. E quella collana non era da meno, non in quel luogo.
La perla che la donna stringeva tra le dita era inequivocabilmente parte di un monile che sua madre, il cui nome era Luna come l'astro splendente che era comune a molti mondi, aveva indossato per tutta la sua infanzia e che, presumibilmente, era ancora nella casa ove avevano vissuto...

...E dove aveva vissuto con Jalya.

La situazione era semplice, lei aveva ciò che a lui serviva assolutamente, e lui forse poteva aiutarla a recuparere ciò che desiderava.
Era necessario un incontro tra di loro, di qualunque tipo potesse essere.


Non ti fidare di lei moccioso, è una dei caduti. E' una dei reietti.


Come se quelle parole potessero avere senso per lui. Non aveva mai studiato Demonologia e non gli pareva che quella creatura fosse tanto diversa da lui: alata, particolare, in cerca di qualcosa.
Visione terribilmente riduttiva, specialmente perchè le similitudini non finivano li... E neanche le differenze.
Ma le chiavi dei rispettivi futuri erano strette nelle mani dell'altro.
Gli ingranaggi del destino continuavano a scricchiolare nella sua testa, assordanti.

- Quella collana...


Si tradì, perchè troppo uscì dalle sue labbra, più di quanto avrebbe voluto ma la confusione lo stava seriamente minacciando, mentre le elucubrazioni mentali si fondevano ai normali istinti di un adolescente chiuso in gabbia con il Desiderio personificato davanti agli occhi.
Desiderio che, con i suoi atteggiamenti, pareva quasi pronto ad offrirglisi.
Gli occhi esitarono per un brevissimo istante, rapiti dall'impossibile bellezza di quella donna ma l'espressione era ancora determinata, indagatrice... Pericolosa.

- Datemi la clessidra... E io vi dirò dove trovare la collana.


Costoso, terribile prezzo per un po' della libertà che tanto gli mancava.
Era davvero disposto a tutto, pur di mettere fine a quell'esistenza priva di alcun senso.
Non era sicuro che quella collana esistesse ancora, ma qualcosa gli diceva che avrebbe potuto prenderla, se avesse voluto.
Ma prima doveva uscire di li.
Era certo però, che quella donna non si sarebbe mai fidata. E non sbagliava affatto.

- Dubito che potreste raggiungerla da sola. E' necessario che io vi accompagni, ma per farlo devo uscire di qui.


image
Era un gioco pericoloso, troppo pericoloso.
Ma non gli restava che scommettere, e sperare che il demone vi credesse.
Quella collana era l'ultimo ricordo che gli era rimasto di sua madre, salvo il quadro che la raffigurava, ma erano entrambi in quella abitazione.
Gliel'avrebbe data davvero alla fine, dopotutto se rimaneva chiuso li dentro non l'avrebbe comunque potuta rimirare nè stringere e non gli interessava affatto cosa lei ci avrebbe fatto.
In fondo, quel che di più importante rimaneva di sua madre l'aveva nel cuore, insieme ai ricordi tormentatori di Jalya, insieme all'immagine sorridente di suo padre.
Sentimentalista? Decisamente. Pazzo? Quasi. Disperato? Troppo...
Si concentrò sulla donna, sperando che l'attacco di ormoni fosse sufficiente ad intontirlo abbastanza a lungo da dimenticare gli affetti.
Speranza vana, per inciso.

- Avrete bisogno di garanzie, dettatele pure.


Una sfida mai terminata, negli occhi di smeraldo del ragazzo.
Una lotta contro se stesso, contro la vita, contro il destino avverso.
Quella era la sua ultima guerra, quella che l'avrebbe condotto alla morte...

...E alla rinascita?
 
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Kei Shirayuki
view post Posted on 17/3/2009, 17:37




CITAZIONE
- Quella collana...

I suoi calcoli difficilmente sbagliavano. Ed anche quella volta, aveva indovinato.
No.
Indovinare non era la parola esatta, quando si trattava del frutto dei suoi ragionamenti. Essi erano il risultato di innumerevoli, spesso infimi, fattori, che portavano alle varie possibilità attuabili da quel momento in avanti.
La scelta di quale di quelle possibilità future fosse quella esatta era relegata però al suo Intuito femminile.
Il suo ottimo intuito femminile, occorre specificare.
Erano solo due parole, quelle pronunciate in risposta alla sua accusa, ma erano più eloquenti di molti altri discorsi vuoti. Coloro che vedevano le sue previsioni avverarsi spesso si chiedevano come fosse possibile capire tutto da poche, semplici parole.
Come se veramente tutto si fermasse alle apparenze.
La piccola pressione psicologica che stava esercitando sul ragazzo - ad opera di un corpo pressochè perfetto e di uno sguardo senza appigli di salvezza, aveva innescato un sottile processo: l'aveva visto esitare, sebbene solo per un brevissimo attimo.
Un punto in più per lei.
(Come se avesse bisogno di contare i punti delle sue partite.)

CITAZIONE
- Datemi la clessidra... E io vi dirò dove trovare la collana.

Se avesse creduto in qualche esistenza superiore, senza dubbio la sua mente avrebbe esclamato "Oh mio dio", a sentire quella frase.
Il non aver mostrato nessuna esitazione nel pronunciare quella frase era materia di studio di secondo piano. Un'altro punto era ben più importante.
Pareva un ricatto.
Cioè.
Pareva
un
ricatto.
A lei.
Se l'avesse raccontata
(Se avesse avuto qualcuno a cui raccontarla)
probabilmente non le avrebbero creduto.

Il gensto che seguì questa riflessione fu qualcosa di non previsto: rise.
Una risata breve.
Non troppo delicata ma pur sempre nei limiti dell'educazione e del buon senso.
Ma che se qualcuno avesse analizzato, avrebbe trovato colma di sorprese.
Che non tardarono a rivelarsi comunque, con la risposta che ne seguì.

Non hai chiesto "Per Favore".
Nulla di originale, ma era suifficiente a far comprendere quanto trovasse assurdo il tono di insulsa parità con cui lo sconosciuto tentava di trattarla.
Ma non si fermava di certo qui, il suo discorso.

CITAZIONE
- Dubito che potreste raggiungerla da sola. E' necessario che io vi accompagni, ma per farlo devo uscire di qui.

Stai dunque cercando di scendere a patti con un'Erinni?

Era evidente che trovava la cosa ancora divertente, per cui non vi era alcun bisogno di nascondere il sorriso che le si era stampato sul volto.
Però..
Non si poteva negare avesse un pochetto di ragione.
E le conveniva evitare per altro tempo di esibirsi con tutta l'acidità che possedeva.
Sospirò quindi, metre il giovane pronunciò un'altra frase.

CITAZIONE
- Avrete bisogno di garanzie, dettatele pure.

Malgrado l'uscita assai poco felice - dal punto di vista della bella demone - non si poteva negare al ragazzo un certo.. coraggio? Pazzia?
Beh, qualunque cosa fosse, ne aveva. Oltre ad una buona dose di ragionevolezza, date le sue ultime parole.
Il sorriso divertito rimase ancora, mentre lo fissava con l'aria di chi sta meditando sul da farsi.

Con un gesto svogliato, lanciò il piccolo oggetto di vetro in aria. Non arrivò più in alto della sua testa mora. Per il giovane non sarebbe stato affatto difficile coglierlo al volo.

Non so che farmene, è tua.

No, non era impazzita. Non aveva nemmeno deciso di compiere l'opera buona della giornata.
Era veramente, semplicemente inutile per lei quella clessidra. Sarebbe stata soltanto l'ennesima domanda poco importante.

Non voglio condizioni, voglio soltanto quella perla.
Somigliava al tono autoritario di chi non vuole essere contraddetto, macchiato però di una specie di allegria.

Con la stessa allegria, come se fosse la cosa più naturale del mondo, aggiunse

image
Semplicemente.. Prenditi gioco di me, ed io mi prenderò la tua vita.

Non vi era affatto crudeltà. Era il tono compiaciuto di chi partecipa ad un bel gioco.
Non aveva nemmeno chiesto se egli era d'accordo. Un modo come un altro per sottolineare a chi spettava scrivere le regole.
 
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Shiyu Yamagami
view post Posted on 19/3/2009, 15:29




Hai bisogno di un miracolo
E non di gentilezza un obolo
Hai bisogno d'amore sincero
E non di ipocrisia un fiume intero


Talvolta c'è solo bisogno di qualcosa. E' un semplice desiderio, completamente umano, di un sentimento o forse di un oggetto, più probabilmente qualcosa di significativo. Una volontà che, se esaudita, può semplicemente cambiare la prospettiva delle cose, in maniera totale e radicale.
E fu rovesciata, davvero, dai semplici gesti che il demone aveva deciso di rivolgergli, in conseguenza alle sue parole, dopo una breve eppur significativa derisione.


CITAZIONE
Stai dunque cercando di scendere a patti con un'Erinni?

Parole pronunciate con un velo di ironia, un sottile quanto minaccioso divertimento, un'assoluta e sussurrata minaccia. Era rabbrividito, non l'avrebbe mai ammesso, ma era assolutamente così. Aveva sentito il gelo percorrergli la spina dorsale dalla cima alla base, come un freddo pugnale volto ad operarne la carne con lenta e meticolosa crudeltà. Ma quel sorriso che prometteva di sofferenza e piacere, per quanto doloroso, non tramutò la sua minaccia in realtà ed anzi, gli offrì una fiducia inaspettata.

CITAZIONE
Non so che farmene, è tua.

Il lancio aggraziato di un oggetto apparentemente inutile, eppure dotato di un valore inestimabile. Fu un gesto delicato, persino svogliato nella sua noncuranza, ma fu in grado di rapire completamente gli occhi verdi del giovane Guardiano. Fu quasi un ipnotismo, una malia impossibile da spezzare mentre lo sguardo del ragazzo seguiva l'arco percorso dall'oggetto. Fu come il primo battito del cuore di un essere troppo a lungo rimasto morto.

Distruggila!


Tuonò qualcuno nelle profondità del suo animo. E fu allora che la mano si mosse, con grazia innaturale e perizia degna d'un soltato, nel far vibrare come un sibilo aereo la lama della spada Rebellion, l'ultimo memento del suo defunto padre. E fu proprio quell'arma che lo disprezzava a distruggere la clessidra, frantumandola in mille mila pezzi e a far crollare definitivamente quell'illusione, quel mondo di assoluta falsità e dolore.
La cattedrale tremò, un breve istante, come assestandosi su di una superfice più grande. Ma null'altro fu visibile all'occhio dei suoi abitanti, eppure lui lo sapeva.
Era libero.
Lo sentiva, semplicemente... E sapeva anche di essere tornato a casa.
Era tornato alla Fratellanza.

Ignara di quanto accadesse, l'Erinni completò semplicemente il suo discorso con parole saettanti dalle sue labbra affascinanti.
Oramai però, il ragazzo avrebbe reagito a qualsiasi frase con un sorriso addolcito, consapevole di aver raggiunto ciò che cercava.
Non gli importava cosa ci sarebbe stato dopo, tutto ciò che contava era che finalmente era finita.


CITAZIONE
Non voglio condizioni, voglio soltanto quella perla.

Non hai più bisogno di ascoltarla, liberati di questa sgualdrina ed andiamocene.


Come al solito lo spirito non si premurò di aspettare la fine delle parole dell'Erinni, così il ragazzo, con ancora la spada-pistola stretta in pugno, impiegò qualche istante ad elaborare la situazione. Secondi che furono sufficienti alla donna per completare quello che lei non sapeva essere una sorta di monologo.

CITAZIONE
Semplicemente.. Prenditi gioco di me, ed io mi prenderò la tua vita.

Tornò ad osservarla con gli occhi verdi che parevan più grandi, più profondi e improvvisamente rilassati. Il suo cuore aveva raggiunto un tale stato di calma che neanche le parole del Corvo avrebbero potuto scalfirne la quiete in maniera significativa. Inspirò, come chi si risveglia da un lungo sonno e le rivolse un sorriso dolce, quasi commosso nella sua tranquillità. Dopotutto, quel demone che riteneva di controllare così bene la situazione, aveva commesso un passo terribilmente rischioso. Se lui l'avesse voluto, avrebbe potuto semplicemente aprirsi la strada verso l'uscita, dimenticandosi di qualsiasi scambio.

- Avventata. Come tutti i demoni.


Cominciò, mentre muoveva distrattamente la spada davanti a se, per poi puntarla direttamente alla donna che gli era così vicina da essere tranquillamente a tiro di fendente.

- Eppure fortunata, perchè non tradirò quanto ti ho detto pocanzi.


Stupido ragazzino sentimentale, tanto non ti darà proprio niente in cambio...


Ferocemente ironica si fece la voce del Corvo, mentre sghignazzava tra se e se degli evidenti limiti umani del suo ospite. Ma non era certo per un secondo fine che il ragazzo aveva deciso di rispettare quanto detto, bensì per una forma di gratitudine del quale senso di colpa non sarebbe stato capace di liberarsi, altrimenti. Rinfoderò la spada con un gesto agile ed aggraziato, compiuto centinaia di volte prima di allora, per poi procedere direttamente nella direzione ove sostava l'Erinni, superandola senza neanche voltarsi. Diretto sulla via che ricordava perfettamente.

- Andiamo, la strada è lunga.


E la conosceva molto bene. Molto molto bene.
Osservò il cammino che non si perdeva più nell'oscurità di un bosco infinito, ma che lasciava intravedere la grande Fratellanza in distanza, un rudere a stento ancora esistente nella mente di pochi, pochissimi eletti. Eppure quel sentiero era ancora troppo vivo nella sua mente, quando Jalya lo portava alla cattedrale per pregare, ogni dannata Domenica.
Pregare cosa o chi, forse, ancora non l'aveva capito.
Ciononostante si mosse senza esitazioni, il passato di fronte gli occhi, il peccato alle spalle, fedelmente osservato dal Corvo guardingo, ed un mondo da scegliere come prossima dimora.
Per una dannazione che era da poco iniziata eppur destinata a durare.
Troppo a lungo.
 
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Kei Shirayuki
view post Posted on 9/4/2009, 17:41




Ah, gli uomini.
Basta dar loro ciò che desiderano, e dimenticano tutto, andandosene in giro come se fossero i padroni del mondo con un sorriso da ebeti stampato sulla faccia.
Con un enfasi a dir poco patetica, poi.
Molto simile a quella che il ragazzo - ancora senza nome - aveva tirato fuori quando la sua completa attenzione era stata rapita dall'oggetto di vetro in volo.
L'aveva ridotta a pezzi, con una forza di gran lunga eccessiva per un così fragile oggetto.
I begli occhi pervinca non persero nemmeno nun fotogramma della scena: il vetro in frantumi e la pallida sabbia che esplodeva, crollando silenziosamente a terra.
Tutto ciò che ne era rimasto era un tappeto d'avorio e cocci, immobili anche nel riflettere pigramente la poca luce della vecchia chiesa.

CITAZIONE
- Avventata. Come tutti i demoni.

Oh.
Non solo doveva sorbirsi quell'improvviso attacco di superiorità.
Non solo doveva fingere di ignorare l'ovvia espressione inebetita che in quel momento era disegnata a linee fin troppo evidenti sul suo volto.
Doveva anche sorbirsi una scontata frase sui luoghi comuni?

Non sapeva se dare sfogo alla rabbia accumulata per la sua insolenza o limitarsi a compatirlo. In fondo, cos'altro ci si poteva aspettare da un uomo, se non una squallida storia già scritta?

CITAZIONE
- Eppure fortunata, perchè non tradirò quanto ti ho detto pocanzi.

Le sarebbe piaciuto iniziare uno dei suoi tanti discorsi sull'inesistenza della fortuna e tutto il resto, ma già quella situazione stava tremendamente sprofondando in un deja vu, ulteriori parole sarebbero stato solo un incentivo verso la rovina.
A distogliere lo sguardo - ancora incentrato sulla sabbia ormai morta - fu una spada puntata verso di lei.
Ovviamente ignorata.
Si abbassò, sedendosi sulle proprie ginocchia, sfiorando appena quel che era stato l'interno della clessidra. Tra i frammenti di vetro sparsi, proprio vicino a lei era presente quello che tra tutti pareva il più grande, visibilmente tagliente.
Il giovane le passò di fianco, ancora troppo preso da quella felicità apparente che - secondo lui - si era creato.
E proprio in quel momento, parlò ancora.

Gli uomini fanno di tutto per distruggere i loro legami, per poi accorgersi che senza di essi si perdono. Davvero stupido.

Tenendo tra le dita il frammento di vetro, si alzò, recuperando il mantello e ricoprendo nuovamente tutto il ben di Dio che si portava appresso. Terminò la delicata operazione con tutta la calma necessaria.

E tu sei come tutti loro, ragazzino.

Cattiveria? No, forse no. Semplice verità, ai suoi occhi. Una verità insensata, una verità che mostrava gli uomini in una sempre più cieca spirale di cose già viste e di errori già fatti.

CITAZIONE
- Andiamo, la strada è lunga.

Quanta fretta..
La serietà di ventisette secondi prima era già scomparsa, nel breve tragitto che aveva riportato l'Erinni a fianco del giovane. L'espressione con cui lo fissava era.. indecifrabile. C'era qualcosa che ancora le impediva di catalogarlo tra "tutti", una specie di domanda irrisolta.

I corvi in attesa nella navata si alzarono in volo nello stesso istante, in un fracasso disordinato di piume sbattute.
Scostanto i lembi del mantello che la coprivano, allungò un braccio verso lo stormo che usciva dalla chiesa. L'ultimo volatile vi si posò, docile.
Lo avvicinò tranquillamente alla spalla del giovane; un comando molto semplice da comprendere per il corvo, che vi si spostò immediatamente.

La mia garanzia.
Sorrise.


SPOILER (click to view)
Ci sarebbe una piccola questione sul corvo °_° Poi te ne parlerò su msn :*
 
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Shiyu Yamagami
view post Posted on 25/4/2009, 10:52




CITAZIONE
Gli uomini fanno di tutto per distruggere i loro legami, per poi accorgersi che senza di essi si perdono. Davvero stupido.
E tu sei come tutti loro, ragazzino.

Era una sensazione ben conosciuta, le parole piene di acido, l'accusa e l'immancabile sensazione di superiorità che ne derivava. Sarebbe stato un pensiero ipocrita, se paragonato a quanto aveva detto pochi secondi prima, la differenza sostava nel fatto che lui non volesse affatto sembrare superiore. Ma forse un demone non era neanche abituato a riconoscere la gratitudine quando gli viene posta di fronte.
Si limitò a sospirare, pronto a rispondere a quelle parole che erano, ovviamente quasi, assolutamente fuori luogo con uno come lui.

- Non sapete neanche quanto vi sbagliate signora.


Ma non rispose altro a quella provocazione, non si concesse altro tempo per rimestare il passato, perchè non avrebbe voluto.
E non sarebbe neanche stato molto prudente. Eppure parve che il demone non fosse particolarmente disturbato dalla sensazione, dato che il suo tono malizioso era tornato senza l'accenno di una perdita di tono. Non aveva neanche saltato un rigo del suo personale spartito.


CITAZIONE
Quanta fretta...

Si girò, naturalmente preoccupato da quella frase, ma tutto ciò che la donna fece fu porgergli uno dei suoi corvi e poggiarglielo indosso.
Era un volatile molto grosso, con l'aria più torva del normale, quasi spettrale, ma non sembrava ostile. Per questo non battè ciglio e se lo lasciò mettere sulla spalla.


CITAZIONE
La mia garanzia.

Dannazione questo pennuto sembra una fottuta bomba ad orologeria moccioso...

- Ma non mi dire...


E la risposta sarebbe potuta essere per entrambi senza difficoltà alcuna, per questo tornò a guardare di fronte a se come se nulla fosse, intenzionato comunque a portare la donna esattamente dove volesse. Imbracciò l'uscita della chiesa senza attenderla neanche.
Era ansioso anche lui di tornare a casa.
Quando mise piedi fuori dalla cattedrale, tutto era cambiato. Scomparse erano le infinite aree boschive dove era prigioniero, la pallida luce della Luna era nuovamente intensa ed affascinante, sebbene la città sotto di loro, estesa sotto il promontorio che stavano calcando, pareva morta ben più del suo animo.

- Benvenuta... In quel che resta della Fratellanza della Falce.


Parole sin troppo leggere, per il vero significato che portavano con se, parole bagnate di sangue e di centinaia di anime spente. Di infiniti sogni infranti.
Era stato un regno illuminato, una sola città per cinque fazioni in guerra. Un'utopia di stabilità a dir poco impressionante.
Era bastato così poco per distruggerla, così dannatamente poco.
Mosse passo, iniziando a scendere verso le abitazioni che sostavano in rovina, attraverso le strade spazzate solo dal vento, in un mondo che era totalmente inospitale e oramai spoglio di tutto ciò che poteva offrire. Si maledì, lui non c'era mentre il panico era stato consumato, lui era già prigioniero di quel limbo.
Lui, non aveva potuto seguire la sua gente su Celentir.
Carezzò distrattamente una delle colonne del palazzo dove aveva sostato la prima volta che aveva visto il suo maestro, il suo ispiratore, il suo primo amico: Xander Shinkuchi. Fu un ricordo amaro, ma fu qualcosa di rincuorante, di piacevole, mentre rammentava una ad una le parole che si erano scambiati.
La città era avvolta da un'aura di sacralità spaventosa, ed essa divenne ancora più inquietante quando giunsero alla piazza dove una volta sostava l'antico manufatto, la Falce che dava il nome a quel luogo.
Persino ora che era scomparsa, la sua terrificante presenza era ancora palpabile in quel luogo che l'aveva ospitata per troppo tempo.
Sorrise, mentre la strada che conduceva alla sua casa si faceva sempre più vicina, sorrideva come chi stava volontariamente affogando in un mare colmo di malinconia e solitudine.

- E' stato un demone a distruggere questa città.


Come se potesse spiegare mille delle sensazioni del suo cuore, come se potesse colmare il vuoto che si era creato e che non si sarebbe più potuto riempire. Era sicuro di essere l'ultimo li e quando sarebbe andato via anche lui cosa sarebbe successo a quel luogo?
Non voleva rispondersi.

- Ha cancellato la vita, la storia e le speranze di un popolo. Per quanto variegato fosse.


Non avrebbe saputo dire quanti figli della fratellanza si erano persi nel multiverso, ciò che era certo ai suoi occhi era la sensazione che ciascuno di loro avrebbe pagato qualsiasi cosa per tornare a quei giorni, dove il sangue era semplicemente sangue e la morte pareva l'ultimo passo di un'esistenza piena e colma di significato. Un'esistenza dove quel piccolo mondo era tutto loro.
Si fermò quindi, di fronte ad una casupola costruita su due piani poco estesi. Il suo legame ultimo, il luogo dove riposavano i ricordi di ognuno di coloro che aveva amato. Mosse le dita nervosamente lungo i fianchi, il peso di quelle sensazioni era troppo persino per lui.

- La mia vecchia casa... La tua collana è qui.


Ma non procedette oltre, si voltò parzialmente col capo per incrociare gli occhi dell'Erinni, quasi volesse vedere l'effetto che quel piccolo giro nel "suo" inferno aveva potuto causare in lei, o semplicemente per sondarne le reali volontà. Ma attese, silenzioso.
Attese di sapere come avrebbe dovuto concludere il suo soggiorno alla Fratellanza.
 
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Kei Shirayuki
view post Posted on 4/6/2009, 17:06




CITAZIONE
- Non sapete neanche quanto vi sbagliate signora.

Nel remoto caso in cui non si fosse capito, il senso dell'orgoglio era eccessivamente spiccato nella bella e sensuale demone.
(E sorvoliamo sulla parola "signora", che assolutamente pareva poco appropriata per l'essere dalla pelle levigata e le forme perfette co-protagonista di questa scena)
Aggiungiamo quel pizzico di permalosità che ad una donna del genere deve essere sempre concesso.
Il risultato potrebbe essere uno solo, no?
Offendersi per una frase simile.

Naturalmente no. Poteva mai ella essere così scontata?
Aveva ben imparato nel riconoscere gli errori - rari nel suo operato, sia chiaro - l'unica maniera per approfondire la comprensione.
Con una docilità probabilmente inaspettata, non tentò quindi di negare quella frase. Tuttaltro.

Probabile, già. Altrimenti non sarei ancora qui a chiedermi il perchè.

Nello scambio delle sue maschere, aveva optato per uno strano mix di ironia e verità. Il viso di porcellana era piegato in un'espressione incomprensibile, mentre valutava il peso delle parole tra essi scambiate.
Perchè era così, ogni parola aveva il suo peso. Una parola al posto di un'altra avrebbe potuto stravolgere completamente il loro discorso. Una parola sbagliata può addirittura compromettere la vita di un essere vivente, per cui occorre essere attenti nella loro scelta..

Ah, ed evita di chiamarmi signora. Non mi sono scelta un bel nome per sentirmi poi chiamare in modo così generico.

Certo, il suo nome. No, ovviamente non quello vero. Aveva troppi legami dietro di sè, quello vero. Erano parole con un peso attribuito da altri, ed ovviamente non poteva essere il nome più appropriato a lei. Proprio per questo, aveva scelto un nome così contrastante.* Un nome senza legami, ma con dentro racchiusa parte di se stessa.

CITAZIONE
- Benvenuta... In quel che resta della Fratellanza della Falce.

La Fratellanza della Falce... Certo, l'aveva già sentita. Nessun evento catastrofico accadeva senza che lei lo venisse a sapere. Ma era la prima volta che ne visitava i resti.
I suoi corvi si erano sparpagliati ovunque, sulle macerie polverose, sugli attrezzi abbandonati, sui pochi tetti ancora in piedi.
Solitamente la natura si riprende ciò che l'uomo le porta via. Considerato il tempo che era passato, sarebbe stato naturale trovare tutto ciò ricoperto di verde.
Ma a quanto pareva la natura si era dimenticata di quell'angolo di mondo.
Era assolutamente
completamente morto.
Eppure, da quel che ricordava, era stata opera di un solo..
CITAZIONE
- E' stato un demone a distruggere questa città.

Era impossibile. Un solo demone, per quanto potente potesse essere, non poteva eliminare la vita in modo così radicale.
Mentre la sua mente elaborava tutto ciò, prestò attenzione, ancora una volta, al comportamento del giovane.
Era come se la non-vita di quel cimitero lo stesse affogando. Perfino il sorriso che le aveva ironicamente rivolto era vuoto.
Insensato.
Morire adesso per un paese già morto non aveva alcuno scopo nè motivo.

CITAZIONE
- Ha cancellato la vita, la storia e le speranze di un popolo. Per quanto variegato fosse.

A quella frase serrò le labbra, rivolgendosi al ragazzo con un'espressione quasi stizzita.


Ma figuriamoci, un mondo non muore per la sola colpa di una persona. Essere umano o demone che sia.
E' facile affibbiare le colpe ad un demone, ma la gente non muore perchè qualcuno si è svegliato con la luna storta.
La storia non muore mai. E nemmeno le speranze, a quanto vedo. Altrimenti tu ora non saresti qui a piangere e rimpiangere.


Tra le tante cose in grado di infastidirla, vi era anche la cecità tipica delle mosche che battono continuamente la testa contro il vetro.
E' fin troppo facile additare qualcuno e mettersi l'anima in pace convincendosi che la colpa sia tutta sua. A quanto pare era una caratteristica tipica delle creature senzienti, il piacere di crogiolarsi nell'autocompatimento. Perchè andare avanti è troppo difficile, vero?

CITAZIONE
- La mia vecchia casa... La tua collana è qui.

Quell'incontro ravvicinato del terzo tipo stava prendendo una piega fin troppo melodrammatica. Dov'era finita l'idea iniziale di "divertimento"?

Idea.
Gli si avvicinò rapidamente, con passo morbido ed elegante. Scostò il falso corvo, lasciandolo vagare tra i suoi pseudo-simili.
Allungò le braccia, appoggiandole sulle spalle del giovane. Molto vicini, si.
Affiancò le labbra corallo all'orecchio destro del ragazzo, con il fare annoiato di una gatta capricciosa.
E allora entriamo, no?


SPOILER (click to view)
*: Il significato della parola "Kei" è molteplice, ma quello dei suo nome significa "splendore di fuoco", mentre "Shirayuki" sta per "biancaneve".


Edited by Wystal - 4/6/2009, 19:12
 
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Shiyu Yamagami
view post Posted on 11/6/2009, 10:43




CITAZIONE
Probabile, già. Altrimenti non sarei ancora qui a chiedermi il perchè.

Ah, ed evita di chiamarmi signora. Non mi sono scelta un bel nome per sentirmi poi chiamare in modo così generico.

Quel che comparve sulle labbra giovani di lui, fu un sorriso vagamente divertito, non si aspettava dopotutto che una demonessa di tale avvenenza potesse, davvero, accettare un epiteto come "signora".
Ad averlo saputo il nome di lei avrebbe potuto usare altri termini... Ma preferiva non fargli notare questo particolare, non gli importava davvero.
Era troppo perso nelle sue elucubrazioni, nel suo ricordare quel che li dentro era successo con Jalya, con suo padre, l'assenza di sua madre.
Troppe, troppe cose tutte insieme per la sua mente ancora labile, ma per sua fortuna la "signora" aveva deciso di perdersi in un bel soliloquio, dopo che lui ebbe finito di raccontare.


CITAZIONE
Ma figuriamoci, un mondo non muore per la sola colpa di una persona. Essere umano o demone che sia.
E' facile affibbiare le colpe ad un demone, ma la gente non muore perchè qualcuno si è svegliato con la luna storta.
La storia non muore mai. E nemmeno le speranze, a quanto vedo. Altrimenti tu ora non saresti qui a piangere e rimpiangere.

Iniziava ad avere l'impressione che lei non sopportasse i luoghi comuni sulla sua razza, interessante. Dopotutto non era una cosa comune vedere un demone che si innervosisce per come gli altri giudicano l'operato della sua specie.
Si sbagliava, per altro, Gaert non l'avrebbe mai giudicata solo per quello, Xander era un demone a sua volta eppure era stato il suo maestro, senza che il razzismo e il pregiudizio avesse potuto oscurare il loro fraterno rapporto.

- So che è stato uno solo. Aveva la Falce1... Signora.


Disse, rimarcando il fatto che non conoscesse il nome di lei, ma era un vuoto gioco, mentre il rammarico lo travolgeva. Niente aveva potuto l'Araldo del Sangue Cremisi contro quella Falce? E che dire dell'Ecatombe Kashin o del possente Erfaroth? Di fronte ad essa erano usciti sconfitti anche Andrea il custode dell'equilibrio e Gulnar il cartomante?
Si, era andata così, lo sapeva.
Lo ricordava.
E quella non era neanche la Fratellanza, ma un luogo che viveva solo nella sua personale memoria. Sarebbe sparito se lui fosse partito...O fosse morto.
Guardò la casa per qualche istante, prima che la donna decidesse di posizionarsi alle sue spalle, piazzando le sue forme molto adulte sulla sua schiena e causando un improvviso squilibrio ormonale che, per quanto in una sorta di sogno, non si poteva propriamente ignorare di fronte agli anni di prigionia e all'adolescenza.


CITAZIONE
E allora entriamo, no?

Il brivido gli attraversò la colonna vertebrale troppo rapidamente, tanto che il battito cardiaco ebbe un'improvviso picco. Per quanto ci provasse gli sembrava di non riuscire davvero a mettere a fuoco la porta della casa, ma sapeva che era solamente colpa... Della stanchezza, si della stanchezza. Si staccò, sperando di recuperare fiato mentre si spingeva nell'abitazione, che non era altro che un piccolo appartamento scuro e arredato con un certo gusto decadente, polveroso e abbandonato come ogni cosa.
Nel corridoio troneggiava un dipinto raffigurante una donna dalle evidenti somiglianze col ragazzo e dalla bellezza sconvolgente, ma lui non lo degnò neanche di uno sguardo mentre fuggiva verso la stanza che era stata dei suoi genitori e che, più tardi, ebbero diviso lui e la sua amata. Guardare negli occhi sua madre sarebbe potuto essere un errore tremendo. Il perimetro in questione non era altro che una camera da letto di stile antico, con mobili vecchi e di gusto, un baldacchino grande e sgraziato, oltre che squassato dal tempo, ma uno strano ordine.
Quasi fosse un santuario da non disturbare.
Un portagioie sul comodino, da li estrasse la collana di perle bianche dai riflessi argentei che il demone cercava, senza indugi, aveva tutte le intenzioni di onorare la sua promessa... Per quanto gli costasse.
Eppure, era un passato che avrebbe fatto bene a dimenticare, non poteva continuare a vivere per esso.
Non doveva, l'aveva promesso.
Si voltò, porgendo l'oggetto alla donna, con gli occhi vuoti e privi di vita al pari di una bambola, succube di una sofferenza che l'Erinni forse non conosceva nemmeno, mentre il passato lo affogava progressivamente.

- Patto onorato, trattativa chiusa.


E c'era solo da sperare che quella tortura finisse presto.
Presto, così che potesse provare a respirare in quell'oceano di nostalgia.


SPOILER (click to view)
1: La falce che dava il nome alla fratellanza, un'arma dal potere immenso.
 
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Kei Shirayuki
view post Posted on 6/7/2009, 18:06




CITAZIONE
- So che è stato uno solo. Aveva la Falce... Signora.

Kei, ragazzino. Evita di chiamarmi ancora "signora".
L'educazion era andata a farsi un giro in quel momento, evidentemente. Dopo che la bella demone aveva espresso antipatia per quell'epiteto, sarebbe stato più corretto chiedere il nome, invece che continuare ad usarlo.
Certo, sapeva benissimo che con quel suo "ragazzino" si era portata a sua volta nel torto, ma da che mondo è mondo, la cavalleria spetta sempre agli uomini.
Ah, la gioventù di oggi.

Tra i tanti discorsi iniziati e mai terminati nella sua mente, uno in particolare - assieme a quello di poco prima, molto simile a ciò che poterbbe pensare un essere pluricentenario -
(come in fondo era, ma che certo non si sentiva ne dava a vedere)
l'argomento "Falce" aveva preso il posto centrale.
Era convinta fosse una leggenda: di storie simili ne esistono a centinaia, in ogni mondo e dimensione. Artefatti che rendono invincibili, elisir dell'immortalità.. La loro origine è lontana quasi quanto l'origine degli esseri senzienti.
Ma comunque, se questo fantomatico demone avesse avuto davvero la Falce, il discorso cambiava, eccome.
Era strano però che una notizia simile non fosse giunta a lei. Era una di quelle cose che senza dubbio avrebbe attirato la sua attenzione.
Decise che vi avrebbe indagato, una volta terminata quella scampagnata.
Ma per ora, era meglio tornare a concentrarsi sul reale.

Come previsto, la sua eccessiva vicinanza aveva provocato un po' di scompiglio tra il debole equilibrio ormonale del ragazzo. Si era liberato subito di quel contatto indesiderato
(sicuri che lo fosse?)
con leggera delusione dell'Erinni. Sembrava voler uccidere ogni sua occasione di divertimento.
L'impressione divenne quasi certezza, quando Gaert le consegnò senza emozione ne altro la collana.
CITAZIONE
- Patto onorato, trattativa chiusa.

Oh no, ci risiamo. Ancora a frustarsi l'anima per eventi passati.
Ma se si chiama "passato" ci sarà un motivo, no?
Vuol dire che non fa parte del presente.
Certo, il passato insegna. Ma di certo non ci aiuta a vivere.
Che noia.
Espresse il suo superficiale disappunto ignorando tranquillamente i tormenti interni del suo - ormai perso - interlocutore.
Doveva trovare il modo per smuovere la situazione: andare a casa così, senza aver fatto nulla di esaltante.. avrebbe reso la giornata estremamente infruttuosa.
Afferrò la collana, facendo scorrere lentamente le perle tra le dita, distrattamente.
Spero che tu non tenga particolarmente a questa.
Prese a tirare due perle casuali, finchè il filo che le teneva assieme si spezzò.
Rumorosamente, le sfere bianche caddero a terra, sparpagliandosi senza ordine nella stanza.
Soltanto una rimase tra le sue mani, ben salda.
Non aveva mai detto di cercare una collana, bensì una perla.
Figuriamoci se la collana di Berial fosse stata così facilmente a portata di mano.


 
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