| Shiyu Yamagami |
| | In questa notte di luna piena Sentirai ancora quel peso sulla schiena Le tue ali nere la spezzeranno Mentre al demone la tua natura riveleranno.Se il destino si fosse fatto donna, probabilmente avrebbe preso quella forma, ne era assolutamente sicuro. E in tal caso si sarebbe meritato una buona dose di violenza gratuita, per la sua meschina forma di sarcasmo. Era come sentire ancora le campane nella piazza dove si era rintanato anni prima, era come il giorno che il suo cammino si era incrociato con l'Araldo del Fuoco Cremisi, era come quando la notte aveva ingoiato i suoi sogni. Era sempre così, il suo destino aveva un suono. Oramai, era facile per lui avvertirlo, quel continuo scricchiolare di ingranaggi che l'avrebbe portato nuovamente dove quel dannato fato voleva, a condannarlo ancora ed ancora. Questa volta, il grigio narratore, aveva preso le sembianze di una donna dall'aspetto attraente, un vero colpo agli ormoni di un ragazzo prigioniero da quasi un anno in un mondo disabitato, talmente solitario da aver iniziato a pensare che la sua esistenza fosse solamente un incubo mai finito. Desiderava la morte? No. Per quanto il suo amore per l'amata perduta potesse esser forte, non v'era desiderio di trapassare, era stato troppo giovane, era stato troppo poco il tempo loro concesso. Rimaneva solo il desiderio di vendetta. Poichè era sicuramente qualcosa di più razionale, più vivo, un qualcosa a cui attaccarsi per voler davvero uscire da quella dannata prigione. La osservava, dall'alto, dopo aver proferito parola, prima che quel demone - si, l'avrebbe definita tale anche senza saperlo - decidesse di voltarsi a guardarlo, mostrandogli che volto potesse avere il desiderio nel suo corpo da prigioniero. Che non tardò a regire, suo malgrado. CITAZIONE Nessuna delle due opzioni.. Per la seconda, non vi è maniera.. Socchiuse gli occhi, lasciando che quella voce suadente scardinasse le sue difese, che gli concedesse grazia nella solitudine inafferrabile ed indomabile del suo animo, che penetrasse in lui come il più caldo dei vini. Corrompendosi, concedendosi, sporcandosi molto più di quanto non fosse già caduto, lui angelo rifiutato dal paradiso ove la luce era troppo accecante per non ucciderlo. Lui, che gli inferi stessi deridevano, indegno persino di loro. La osservò, con gli occhi smeraldinei pronti a catturare tutto, quegli occhi frantumati che parevano distratti e disattenti, eppure che non lasciavano fuggire nulla, intrappolando ogni immagine nella memoria con la freddezza di un carceriere. Troppi pochi gli anni, troppo grande la solitudine, per non desiderare il mondo stesso come vittima. Si soffermò a riflettere sulla risposta della donna, ma forse non gli interessava neanche, non era veramente ciò che cercava in quel momento, gli sarebbe bastato essere prigioniero con lei, pur di non lasciarsi inghiottire dall'abisso nero della solitudine che l'avrebbe presto reso come le ombre che avevano rapito la sua Jalya. Quello non se lo sarebbe mai perdonato. E se non v'era maniera di salvezza, si sarebbe accontentato, dopotutto.CITAZIONE Per la prima, non ne vedo il profitto. Probabilmente era l'unico a vederne, almeno ideologicamente, nella cessazione di ogni sofferenza. Ma era davvero troppo giovane e troppo innamorato della vita per pensarci seriamente, nonostante la prigionia. Poco importava, a quel punto non gli interessava proprio più niente, volendo essere precisi. Quel che voleva l'aveva già ottenuto, l'interruzione, seppur breve, di quel dannato ed ossessivo divenire. CITAZIONE Siete davvero così disperato da non vedere altre soluzioni, mio caro sconosciuto? Provocazione. Quale modo migliore di instillare una reazione in un cuore ancora adolescente? Il sorriso comparve, amaramente disegnato sulle labbra giovani e al di sotto degli occhi sempre distratti, come il memento di un'esistenza scomparsa all'ombra del dolore. Eppure c'era vita in quel passo in avanti, sul ciglio del volo che l'avrebbe portato di fronte a lei, mentre i corvi si alzavano in cielo sfuggendo al suo tocco, v'era passione nella risposta che eruttò dal cuore in fiamme.
- Se la mia fosse disperazione avrebbe il viso di un sentimento. Ma il mio problema è stato in parte già quietato dalla vostra sola esistenza in questa mia prigione... mia signora.
E forse quel tono fu anche volutamente divertito, sfottente e provocatorio in risposta, mentre lasciava che lo spirito guardiano lo invadesse, dopo così tanto tempo. Così tanto dannatissimo tempo... Fu allora che le ali dell'angelo nero si palesarono, con un suono secco di ossa spezzate, di muscoli contratti e di tessuto strappato, volegendo le loro piume nere contro la luce che penetrava dal rosone e dalle ferite della cattedrale. Fu allora che il petto quasi completamente nudo di quel ragazzo lasciò apparire la sua dannazione, il suo più grande vanto. Quelle erano le sue ali di libertà, erano ciò che lo rendeva un mostro e contemporaneamente ciò che l'avevano trasformato in un salvatore. Infine, erano quelle stesse ali che non l'avevano liberato dalla sua prigione. Non ne erano state semplicemente capaci. Ma non le aveva rivelate per spaventare, non le aveva certo mostrate per vanto. Si lasciò cadere, semplicemente, mentre i forti battiti di esse l'aiutarono nel planare al centro della navata, atterrando su una panca mal ridotta che si spezzò al suo arrivo, lasciando però che atterrasse morbidamente sul pavimento, a pochi metri di distanza dalla sua interlocutrice. Sorrise, quel sorriso sbarazzino e adolescente che mai l'avrebbe abbandonato, il sorriso di sfida, un po' folle, di chi non ha nulla da perdere. Quella non era una sfida alla donna in questione, quando una vera e propria lotta con il mondo. Era la sua Ribellione, come la spada che ne portava il nome al suo fianco.
- Perchè dopo tutto questo tempo di solitudine, anche se foste un demone giunto a divorare la mia anima credo che vi accoglierei a braccia aperte.
E le aprì sul serio, offrendosi quasi a quella donna, come una sfida mentre la camicia strappata in più punti si lasciava smuovere dalla brezza che lui stesso aveva causato. Era li, di fronte a quella donna sconosciuta, pronto a qualsiasi cosa il fato gli riserbasse, come un novello Odisseo di ritorno alla sua Itaca. Era il padrone di quel piccolo incubo, il carceriere e il carcerato. Forse, era anche il signore del suo destino, in qualche modo, ma non era mai stato in grado di farsi rispettare. Ora però, non si sarebbe ribellato, o forse per questo avrebbe emesso un più forte grido di rivolta, lasciando che il cuore lo conducesse sino alla fine, come non era riuscito a fare in passato, come aveva sempre desiderato ma non aveva mai avuto il coraggio di fare. Girò il capo, quasi teatralmente, in un involontario moto di protagonismo dopo i mesi di solitudine, guardandola con una decisione che non si vedeva sul suo viso da troppo tempo.
- Come devo comportarmi dunque?
Irrazionale, pericoloso, incosciente. No, probabilmente solo disperato.
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